giovedì 31 maggio 2012

Il destarsi dell'Io: i SI' e i NO nel bambino nell'educazione Waldorf





Immaginiamo di avere a che fare con un bambino e di cominciare descrivendogli una data situazione, di proseguire con un richiamo su che cosa ci si aspetta da un “buon bambino” ed infine con l’invito ad agire. Molto spesso al momento decisivo arriva un “NO” e tutto finisce con una delusione. Ecco allora entrare in casa premi e punizioni, ossia strumenti di potere esterni e, con essi, la rinuncia all’elemento pedagogico vero e proprio. Il bambino viene indotto ad agire sotto la pressione di un potere esteriore (desiderio di una ricompensa o timore del castigo) quindi a comportarsi in modo estraneo al suo essere più genuino, cioè per amore della cosa in sé. I nostri concetti sono il risultato di una lunga esperienza, hanno acquistato un senso ai nostri occhi e ci servono come impulso ad agire. Nel bambino questa base di esperienza manca, i concetti quindi non rappresentano che una debole motivazione al suo agire. Quello che egli fa è così connesso alle sensazioni che trae  sia dall’ambiente che dai propri processi corporei, che è una pretesa davvero eccessiva chiedergli di ricordarsi degli ordini o dei divieti ricevuti prima di fare qualcosa. Educare un bambino piccolo senza far ricorso all’autorità sarebbe quasi impossibile se in lui, al posto dei concetti, non ci fosse qualche cosa d’altro su cui far leva e di cui ci possiamo rendere conto semplicemente osservando certi suoi comportamenti. Mettendo a confronto l’adulto e il bambino possiamo comprendere che la successione pensiero, sentimento e volontà risultano capovolte. Nell’adulto c’è prima il pensiero, poi il sentimento e per finire la volontà; nel bambino sotto i 7 anni compaiono prima la volontà, poi il sentimento ed infine il pensiero!Questo capovolgimento rappresenta la chiave dell’educazione nella prima infanzia. Non è con le discussioni, le spiegazioni ed i chiarimenti che si potranno coltivare le doti naturali di un bambino di questa età, bensì con le opportunità che gli verranno date di condividere le attività di adulti capaci di orientarlo nella vita. È attraverso le azioni che giornalmente noi compiamo in presenza del bambino che diveniamo i suoi educatori e non in virtù di quel che gli diciamo. Se il nostro agire si ispira agli ideali di bellezza, bontà e verità gli apriremo la strada che porta a questi ideali.
Educare attraverso l’imitazione è ben più impegnativo che educare facendo uso dell’autorità. Se l’autorità viene introdotta troppo presto (sarebbe meglio dopo i sette anni) l’autonomia di esperienze viene a mancar. Ne consegue un certo automatismo, un comportamento che può accompagnare per tutta la vita e far sì che una certa persona si adegui a degli schemi prestabiliti e fissati da altri. Quando la vita inizia sotto il segno della rinuncia, le conseguenze saranno opposte a quanto accade se il bambino ha la possibilità di far emergere le sue forze vitali e volitive e di andare incontro alla vita con energia ed entusiasmo. Il bambino piccolo è estremamente delicato e titubante quando compie i primi tentativi di uscire dal guscio e di mettersi in rapporto con l’ambiente nel modo che gli è più congeniale. È troppo facile togliere ad un bambino la possibilità  di trovare la propria strada, basta talvolta un atteggiamento tropo energico, un tono di voce imperioso, una reazione troppo pronta, un rifiuto, un intromissione, un rimbrotto. La sua vera natura viene soffocata. Se invece facciamo in modo di circondarlo con la nostra comprensione affettuosa e partecipe, se assecondiamo con calma i suoi timidi impulsi, allora gli saremo d’aiuto. SE il nostro comportamento sarà conseguente, il bambino farà spontaneamente proprio quello che poco prima aveva rifiutato di fare su comando, cercando anzi con tutto se stesso di farlo bene perché le persone che lo circondano lo ritengono importante. Certo ci vuole pazienza e capacità di attendere!
Come adulti ci poniamo di fronte alle cose da osservatori, prendendone le distanze. Se ci capita di venir trattati ingiustamente, esprimiamo un giudizio, lo classifichiamo concettualmente e riflettiamo se sia il caso di prendere posizione oppure lasciar correre. Il bambino, invece, è del tutto esposto alle proprie impressioni, è scoperto, indifeso, e gli è impossibile chiudersi di fronte ad esse. In molti casi appare chiaro che il bambino non ha affatto compreso il motivo dell’intervento dell’adulto, gli rimane solo lo shock, spesso verrà poi sorpreso a giocare con una bambola usando lo stesso tono di voce, gli stessi gesti usati nei propri confronti.
Ciò che induce il bambino a mettersi sulla difensiva è quel tipo di ordine che gli viene trasmesso per mezzo di norme e concetti. Non è contro il contenuto di questi che oppone resistenza, ma contro la loro forma concettuale che appartiene ad un mondo intellettuale di cui egli non è ancora partecipe. La sua reazione può assumere forme diverse. Una di queste è la ribellione verso la costrizione esercitata dall’adulto. Un’altra reazione difensiva consiste in una rapida capitolazione che prelude alla graduale perdita dello spirito di iniziativa, ad un atteggiamento di  attesa che gli venga detto cosa deve o non deve far, e ad un certo automatismo. Infine un’altra reazione che si osserva di frequente consiste in un’eccessiva precocità intellettuale, per cui il bambino si ritira in un suo ragionamenti, tende a cercare scappatoie e giustificazioni e a mentire. Un intellettualismo precoce così risvegliato è diretto in primo luogo a criticare gli altri; il bambino diviene pieno di pretese e si comporta in modo del tutto opposto a quello che ci si aspetterebbe da un essere amabile e spontaneo. Molti bambini cessano allora di giocare, non sanno più come occupare il tempo, perdono la sicurezza e il senso di protezione, sono come respinti nella profondità di sé stessi. Per sua natura il bambino è buono. Cessa di esserlo e diviene complicato quando viene strappato dalla sfera che gli è propria.
L’educazione Waldorf è tesa ad evitare il più possibile ogni intervento sul naturale e libero sviluppo dell’essere infantile che possa turbare l’equilibrio del suo stato di coscienza sognante. Il bambino però non è lasciato a sé stesso, ma guidato con molto scrupolo e con i mezzi giusti, cioè con l’esempio e l’imitazione. Se vogliamo che nel bambino si formi una buona capacità di pensare dobbiamo preparare la strada,ossia favorire lo sviluppo di quegli elementi dai quali nascerà il pensiero. Questi elementi, nel bambino piccolo, sono di natura volitiva e connessi con l’iniziativa e l’azione. Nell’età scolastica vengono interiorizzati in un mondo immaginativo e fantastico e solo più tardi si trasformano in concetti. Una guida che tenga conto del susseguirsi naturale di queste fasi evolutive porterà alla formazione di una vita di pensiero di qualità ben diversa!
Cosa possiamo fare come genitori a casa, nella vita di tutti i giorni?
Quando rientriamo a casa dopo molte ore di lavoro che hanno richiesto da parte nostra un intensa concentrazione, spesso siamo tesi e nervoso, stanchi e irritabili. I nostri gesti e tutto il nostro atteggiamento rispecchiano questo stato d’animo, la nostra voce ha un tono più acuto, il modo di parlare è rapido e concitato, i nostri giudizi sono aspri e intransigenti. Tutto questo influisce sui figli e viene da loro assorbito. Quante volte ci occupiamo di loro con i nostri tempi accelerati! Il loro ritmo è un altro ed essi sentono che interiormente noi non siamo disponibili. Allora cercano di farsi notare e così nasce il conflitto. È specialmente durante i pasti che andrebbero evitati, alla presenza dei bambini, riferimenti alla vita lavorativa, soprattutto se si tratta di esperienze e di sentimenti che riflettono atteggiamenti critici o delusioni. La conversazione dovrebbe essere condotta in modo che i piccoli si nutrano in un’atmosfera distesa. Il bambino piccolo non segue la conversazione intellettualmente ma vi si immedesima spontaneamente con tutto sé stesso. L’atmosfera che lo circonda influisce persino sulla sua digestione. Il disagio che molti bambini manifestano a tavola e la loro frequente inappetenza spesso non sono altro che una reazione ai discorsi che sentono fare e al clima che caratterizza il pranzo.
Parlare dei bambini in loro presenza, sia per elogiarli che per ridere di loro, anche se a volte è difficile trattenersi davanti alle loro uscite singolari, toglie loro la spontaneità e li induce all’autocompiacimento e alla maleducazione.
Un controllato riserbo deve caratterizzare anche le nostre reazioni di fronte ai disegni dei bambini. Critiche e correzioni li privano della loro candida sicurezza originari, dato che essi vivono ancora in un mondo di creatività primitiva, fatto di sogno e metamorfosi.
Nel rispondere alle domande dei bambini piccoli, bisogna stare molto attenti a non trasmettere un modo di pensare proprio di un'eta superiore. Rispondere alle domande del bambino significa immedesimarsi nel suo stato di coscienza,completate le sue esperienze,porgergli delle immagini e non dei concetti.
Se si desidera salvaguardare lo spirito di iniziativa del ambino, e ci si astiene dal dargli troppe direttive, il ritmo e la regolarità sono di grande aiuto.
Spesso i bambini piccoli chiedono di fare da soli:vogliono vestirsi o mangiare senza aiuto,mettendo a dura prova la nostra pazienza. Tuttavia se accettiamo per quanto possibile di lasciarli fare allegramente, anche se sulle prime sono un po' impacciati e impiegano piu' tempo,avremo contributo favorevolmente al loro sviluppo.Spesso, purche' abbiano  tempo a disposizione, trovano loro stessi il modo migliore per compiere una determinata operazione. Il fatto di servirsi delle proprie membra, e di muoverle per volonta' propria, li aiuta ad acquisire non solo abilita' e indipendenza, ma anche prudenza, scrupolosita' e amore.Oltre al ritmo e all'ordine anche lo stile di vita e' :della massima importanza: l'ambiente nel quale cresce deve essere caldo,sano,naturale,privo di attriti. quando stiamo per rivolgere ad un bambino un rimprovero o un divieto, faremmo bene a fermarci e a pensare. Prima per chiederci se il nostro intervento in quel preciso momento e' necessario, e poi per riflettere sulla reale intenzione che ha ispirato il suo gesto. I bambini sono pieni di iniziative, e' bene favorirle.Quando ci propongono qualcosa o chiedono un permesso dovremmo rispondere di no il meno possibile, cercando magari di deviare la loro richiesta, quando non e' possibile soddisfarla nella forma da loro prospettata. Bisogna evitare in ogni caso di dire di no e poi, visto quanto il rifiuto pesi al bambino,cambiare idea. Il fatto che le nostre decisioni siano contraddittorie lo porta fuori strada inducendolo a mettere in discussione ogni nostra presa di posizione. Dobbiamo dargli la sensazione che per noi i no e i si sono irrevocabili e frutto di riflessione. Le decisioni non dovrebbero dipendere dagli umori del momento ma fondarsi su delle oggettiva necessita'.Ci sono solo tre motivi per dire di no ad un bambino:1. Quando accontentarlo puo' danneggiare la sua salute. 2. Quando accontentarlo danneggia qualcun altro.3. Quando il suo comportamento fa prevedere un danno.Per il bambino e' importante ottenere dall'adulto una decisione chiara, che lo aiuti ad orientarsi nella vita e gli faccia sentire che nulla e' arbitrario e che esistono delle leggi e delle necessita'. Spesso si puo' fare leva sull'esperienza diretta; così' per esempio, invece di dire: "non toccare quella pentola perche' scotta!" potremmo dire "quella pentola e' calda, senti tu stesso con il tuo dito, ma fai attenzione!". Cosi' gli saremo vicini con simpatia, pro ti ad aiutarlo e a fargli prendere contatto con la vita senza frustrarlo. Nei confronti del bambino piccolo la nostra funzione si esplica attraverso il comportamento, percio' buona parte dell'educazione consiste nell'autoeducazione esercitata dall'adulto. Nei confronti dei bambini l'osservazione e' la guida piu' sicura, pur he' ispirata dall'amore e dalla sincerita'. Solo cosi' potremo correggere i nostri errori e trovare degli spunti in tutti quei casi nei quali i principi e le regole falliscono. L' idea della non interferenza degli adulti in molte situazioni non va confusa con un atteggiamento di abbandono che priva il bambino dalla necessaria protezione e lo fa sentire isolato e indifeso di fronte al mondo.Egli ha bisogno della sua mamme e del suo papa' che, per la sua sensibilita' rappresentano non solo una regola di vita, ma anche sicurezza e difesa.
Quando un bambino vive con un padre che per esempio si manifesta n ogni momento con accessi di collera, allora il bambino partecipa a questa esperienza in maniera che essa si esprime nel suo respiro e nella circolazione del suo sangue:essa plasma i polmoni, il cuore, tutto il sistema dei vasi, e il bambino porta plasmato interiormente in s'è durante tutta la vita cio' che attraverso la vista dell'azione di un padre collerico si e' formato plasticamente in lui. Nei piu' sottili movimenti che gli adulti fanno attorno a lui il bambino sperimenta i pensieri che essi hanno. Non dovremmo quindi mai permetterci di avere dei pensieri non puri e immorali nelle vicinanze di un bambino e dire che nei pensieri possiamo permettercelo perche' tanto il bambino non ne sa niente. Questo non e' vero, il bambino li percepisce, specialmente nei suoi primi anni. Egli e' infatti un sottile osservatore e imitatore del suo ambiente. Poiche' il bambino e' tutto organo di senso, deve assorbire tutti quei gesti intorno a lui che gli occhi non possono evitare. Egli pero' li riceve appunto solo da sveglio. Poi si addormenta e durante il sonno fa le sue scelte: cio' che vuole accogliere lo trasferisce dalla propria anima al proprio corpo, e getta via nel mondo eterico cio' che non vuole accogliere.Il bambino accoglie cosi' nella propria corporeita' solo cio' a cui e' predestinato dal proprio karma. L' azione del karma e' particolarmente vivace nei primissimi anni d infanzia.
I bambini piccoli vivono nel presente, ed hanno esperienza solo di ciò che dicono i loro sensi. Essi reagiscono immediatamente a ciò che vedono e sentono. Chiunque abbia avuto a che fare con bambini di età prescolare sa che essi vogliono fare le cose che fanno i grandi. Essi imitano ogni cosa che accade intorno a loro. Eppure pochi adulti realizzano che questa innata abilità a imitare può essere usata a proprio vantaggio nel crescere un bambino. Molti credono che si creeranno molti problemi se i bambini parteciperanno a ciò che fanno loro. Hanno paura che il bambino si faccia male, e pensano che sia meglio lasciarlo da solo nella sua cameretta o di fronte al televisore. I bambini non si curano molto delle occupazioni artificiali, create ad hoc per loro, è il mondo reale “di tutti i giorni” che vogliono sperimentare!
A casa ciò si traduce nel rimandare le abituali attività a quando il bambino è addormentato, semplicemente perché sono più facili da svolgere senza il bambino intorno, piuttosto che farle con lui quando è sveglio:per esempio rifare i letti, fare le pulizie, lavare i piatti, lavare la biancheria e stenderla, etc..Tali attività dovrebbero essere svolte in modo che il bambino piccolo possa sperimentare ciò che si sta facendo. Si potrebbe per esempio mettere una sedia o un seggiolino di fronte al lavandino; avere a portata di mano diversi stracci e spugne; sistemare una corda del bucato a un’altezza tale che il bambino possa arrivarci facilmente,; avere sottomano aghi grandi senza punta con del filo grosso e della stoffa. Certo il nostro lavoro durerà più del solito..il premio però è che i bambini saranno contenti e non sarà necessario, per intrattenerli, inventarsi qualcos'altro. Di fatto, condividere le attività con gli adulti ispirerà spesso i bambini a continuare a giocare da soli una volta che il lavoro è finito.Se u bambino sta partecipando, è importante che gli sia permesso di smettere quando vuole. È il processo in sé che interessa il bambino, il risultato non gli importa minimamente.
Quando i bambini hanno raggiunto la consapevolezza di sé stessi, quando possono farsi capire e camminare intorno senza aiuto, allora restano intossicati dalle loro notevoli capacità. Si stabilisce la fase della sfida. Il bambino di tre anni usa la sua volontà nelle situazioni più inimmaginabili; non è mai abbastanza indisciplinato o ostinato. Ha luogo una meravigliosa dimostrazione di forza. Il bambino sta giocando con la realtà dell’individualità nella pura gioia di possedere la forza di volontà senza uno scopo definito.
Di cosa ha bisogno una volontà per crescere? Noi costringiamo i nostri bambini ad accettare la nostra volontà come fosse la loro. E’ vero che possiamo convincerli a fare ciò che vogliamo. Talvolta però non sappiamo più che pesci pigliare, abbiamo esaurito la nostra fantasia e la nostra pazienza. Ci irritiamo, li seduciamo con un premio o li minacciamo con una punizione. Magari alla fine otteniamo che facciano ciò che vogliamo noi, ma la loro volontà in tal modo non viene nutrita! Il concetto di autorita' oggi e' divenuto discutibile. I genitori giovani e alcuni psicologi ritengono che i bambini devono stare alla pari con gli adulti abbastanza presto. Nella tendenza a trattare i bambini in modo cameratesco, senza imporre loro la propria responsabilita' di adulti, sembra quasi di cogliere un'affettuosa modestia. Ma succede anche che termini arditi come liberta' o uguaglianza nascondano un' insicurezza pedagogica e il desiderio di sottrarsi, per debolezza o indifferenza, alle proprie responsabilita', anteponendo le proprie esigenze a quelle dei figli. La vera autorita' e' qualcosa che non si ottiene ne' si conserva adottando misure esteriori. Ogni forma di rispetto che sia frutto di costrizione non ha valore per l' evoluzione del bambino! Essa può essere educata solo indirettamente. Le modalità di approccio sono molte e i bambini sono diversi tra loro. Un lavoro pratico e cooperativo con mamma e papà porta la volontà dei bambini nella sfera del sociale e favorisce l’impulso all’altruismo. La volontà non può vivere in isolamento nell’individuo. Può crescere solo quando è legata ad esperienze di appartenenza agli altri.
“di cosa ha bisogno mio figlio, di punizioni o di capire?” è una domanda che i genitori si pongono quando il figlio ha commesso qualcosa di sbagliato. Generalmente piccoli disastri si verificano per mancanza di attenzione, o perché il bambino sta scoprendo gioiosamente qualcosa di nuovo. Prima dobbiamo vedere se il disastro è stato fatto di proposito o se è stato un incidente. Nn è insolito che i bambini mettano alla prova i genitori. Allora bisogna capire se andargli incontro con minacce o con affettuosa fermezza. È sempre necessario stabilire dei confini. A volte una piccola e veloce tempesta può essere meglio di accuse protratte. La punizione ha un significato solo quando arriva subito dopo il misfatto. I bimbi piccoli vivono nel presente, perciò se la reazione arriva immediatamente essi la comprendono! Se un bambino ha offeso o fatto male ad una altro è importante che glielo si faccia capire. Quando ammette di avere sbagliato, abbiamo già ottenuto molto, e farlo partecipare a mettere le cose a posto è un buon aiuto per riparare il danno. Anche noi adulti a volte commettiamo degli errori. Non sempre diamo un esempio appropriato, ma questo ci offre l'opportunita' di comportarci diversamente la prossima volta. Non c'e nessun problema nel fatto che i genitori chiedano scusa ai loro figli,e' in questo modo che diventano dei veri modelli.
E' compito del genitore agire con la massima abnegazione. Egli deve vivere presso il bambino in modo che lo spirito di lui abbia modo di vivere la propria vita. Mai dovremo voler fare dei bambini una copia di noi stessi. In loro non deve sopravvivere in modo costrittivo e tirannico cio' che era nel genitore ai tempi in cui lui stesso cresceva, veniva educato ed istruito. Occorre saper educare in modo da rimuovere gli ostacoli fisici e animi ci che si frappongono a quanto di nuovo, grazie ad un ordinamento divino, penetra in ogni epoca nel mondo per mezzo dei bambini; bisogna far si' che i bambini vivano in un ambiente in cui il loro spirito possa affrontare la vita in piena liberta'.


Indicazioni Bibliografiche:

“L’educazione dei figli” di Rudolf Steiner- Oscar Mondadori
“Educare alla libertà” di Frans Carlgren e Arne Klingborg- Filadelfia Editore

“Come sviluppare tutti i talenti del bambino”Arve Mathisen – Edizioni RED



NICOLETTA.

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